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Il Cristo risorto di Rutilio Manetti a Palazzo Pitti

1) Rutilio Manetti, Cristo risorto, Firenze, Palazzo Pitti

Cristo risorto
Olio su tela, cm 152 x 72,5
Collocato nel deposito del soffittone di Palazzo Pitti, il dipinto, senza numero d'inventario e di ignota provenienza, aveva come unica indicazione un cartellino con la scritta "Sala Niobe" e i numeri 39 e 170. Reso noto dal Todini, che ne ha ben sottolineato la datazione verso la fine del terzo decennio. Sono anni nei quali il Manetti è ancora in grado di sfoderare un vigoroso naturalismo, anche se "iniziano ad affiorare le cadute di qualità, spesso dovute all'intervento del figlio Domenico o della bottega" (Todini, 1979, p. 69).
Ecco così che il crudo realismo delle due figure accovacciate trova confronti assai pertinenti con i personaggi dell'episodio di Sansone e Dalila, nel Museo dell'Accademia di San Carlos a Città del Messico (Carli, 1963, pp. 56-57, tav. 51), oltre che con la Guarigione dell'Indemoniata nella chiesa senese di San Domenico e con il Martirio di Sant'Ansano nella Pinacoteca di Siena. In questi esempi il Manetti rimedita soluzioni di gusto caravaggesco che trovano particolare riscontro nelle opere del Baburen e del Borgianni. Addirittura il Sansone addormentato riproduce in controparte il nostro soldato in primo piano. Sono comuni le dense ombre e il pesante movimento dei panneggi di Dalila. La tipologia e la posa del volto di Cristo richiamano la Vergine nella Pentecoste in San Niccolò in Sasso a Siena, mentre lo scorcio e il taglio della bocca rimandano all'Ecce Homo del Museo d'Arte Sacra e della d'Arbia di Buonconvento che viene a riqualificarsi come probabile opera autografa per il suo nitore (A. Bagnoli, 1979, n. 92, pp. 246-247). L'accentuato chiaroscuro riconduce anche a opere di qualche anno più tarde, come la Natività di Maria della cattedrale di Massa Marittima, dove non mancano rimandi al Cristo risorto. Così pure se confrontato con la Natività e Santi del Museo Civico di Colle Val d'Elsa e con la Benedizione di Antonio Patrizi in Sant'Agostino a Monticiano (si vedano in A. Bagnoli, 1978). Questa accentuata durezza nei passaggi di piano, nelle espressioni gonfie e dalle forme dilatate è assodata negli ultimi anni di attività di Rutilio, che corrispondono anche ai primi passi del figlio Domenico (1609-1663). A questo periodo dovrebbero anche risalire le due tele con l'Annunciazione nella Propositura di Casole d'Elsa (Dal Poggetto, 1963, p. 108, n. 101) e l'inedita tela di Giuditta con la testa di Oloferne apparsa recentemente a New York (vendita Sothebys, 14 gennaio 1988, lotto n. 133) che presenta analoghe tipologie con l'opera in esame.


BIBLIOGRAFIA: F. Todini, Rutilio Manetti: note in margine a una mostra, in

NOTE

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