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Due fratelli, due differenti percorsi - Martino e Alberto Piazza.

24) Martino Piazza, Madonna col Bambino e San Giovannino, Budapest, Museo di Belle Arti

25) Martino Piazza e collaboratore, Madonna col Bambino e San Giovannino, collezione privata

26) Martino Piazza, Sacra Famiglia, ubicazione ignota
il Martani, il Caffi e altri, il parere di Adolfo Venturi sui nostri pittori è esageratamente negativo.(43) A suo dire "Albertino […] in collaborazione col fratello Martino dipinse un polittico nella chiesa dell’Incoronata con la cadente mollezza d'un Bergognone invecchiato. Le stesse forme sono nel quadro della chiesa di Sant'Agnese a Lodi", nello Sposalizio di Santa Caterina e in generale nella loro produzione, secondo la quale il Venturi afferma che, "con la dolcezza delle immagini, qui stereotipata, il Piazza mostra di aver ereditata dal Bergognone la povertà di forma".(44) Fedele alla linea critica di maggiore successo che voleva Alberto il principale artefice e Martino suo aiutante, senza neppure accennare a un eventuale autonomia artistica. Artisti in simbiosi, attivi assieme nelle solite opere lodigiane sono ricordati anche dallo storiografo locale e bibliotecario Giovanni Agnelli nel volume dedicato al territorio sulle utili tracce dei manoscritti di Defendente Lodi.(45) Anche Emma Ferrari (46) si attiene alla convinzione, probabilmente originata dalla trascrizione del Cernuscolo, che Martino e Alberto lavorassero insieme. La sua ampia disamina segue le linee fondamentali tracciate mezzo secolo prima dal Calvi; l'attenzione è incentrata su Alberto, il "più valente", lo stile "leonardo - peruginesco" del quale denota influssi luineschi su motivi del Bergognone, come si evidenzia nell'unica opera considerata completamente di sua mano, il gonfalone del 1519. I caratteri perugineschi avrebbero origine dalla scuola cremonese, attraverso le opere di Galeazzo Campi e Tommaso Aleni. Nelle parti che spetterebbero a Martino la studiosa rileva influenze della scuola veneta, derivate dal rapporto che il pittore avrebbe avuto con Brescia. Perciò anche l’Adorazione dei pastori dell’Ambrosiana viene considerata “lavoro di un molle, inzuccherato leonardesco”.(47) Nelle opere lodigiane riscontra il prevalere dell’uno o dell’altro dei fratelli, secondo una cronologia che metterà non poco in imbarazzo gli studi successivi: verso il 1514, il polittico Berinzaghi e gli affreschi nella medesima cappella, tra il 1515 e il '19 il polittico di Castiglione d'Adda, dove sarebbe di Martino la maggiore impronta, mentre al solo Alberto spetta quello in Sant’Agnese, se si esclude l’incisivo ritratto del donatore. La studiosa suggerisce inoltre di far risalire dopo il 1520 il soggiorno savonese di Alberto, come già propose il Caffi, per ovviare alla mancanza di sue opere nel lodigiano databili al terzo decennio. L'intervento di Suida (48) tende a rivalutare i due artisti dopo il pesante giudizio del Venturi. Egli considera Alberto quale autore del polittico Berinzaghi, al quale riconosce caratteri perugineschi e un leonardismo desunto dal Maestro della Pala Sforzesca. Martino è, invece, l’autore delle due opere monogrammate assegnategli dal Morelli. Così facendo

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