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19) Martino Piazza, Sacra Famiglia con donatrice, Milano, collezione privata
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20) Martino Piazza, Salvator Mundi, collezione privata
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21) Martino Piazza, Riposo dalla fuga in Egitto, Oxford, Ashmolean Museum
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nel 1517; le suddette rappresentazioni sono andate perdute, forse vendute, come riferisce di lì a poco il Caffi (29), ricordando il soggiorno savonese di quest’ultimo. La notizia dell’Alizeri è importante aver aperto nuove frontiere d’indagine, indicando che l’attività del pittore non si è limitata al territorio lodigiano.
Raccoglie qualche spunto interessante il saggio di Michele Caffi, che si astiene dal trarre conclusioni circa il prevalere di uno dei due fratelli o dal tracciarne l'ipotetico percorso. Nel complesso il suo apporto è documentario: egli si avvale dei pochi documenti d’archivio conosciuti e, in primo luogo, degli atti del Santuario dell’Incoronata, dai quali ricava che Martino, detto "senior de Tochagnis" (30), era il maggiore, mentre Alberto era ancora vivo nel 1526, quando è ricordato per una serie di lavori 'minori' per l'Incoronata di Lodi. Il Caffi è anche il primo a parlare degli affreschi con le Storie di Sant’Antonio abate, scoperti nella cappella Berinzaghi all’Incoronata, che egli pensa siano di Martino sulla base del nome espresso dal Ciseri nel XVIII secolo a proposito della pala nella medesima cappella.
Il contributo di Giovanni Morelli è di taglio differente rispetto ai precedenti.(31) Forse sulla scorta di quanto aveva già ipotizzato Otto Mündler, lo studioso attribuisce a Martino l’Adorazione dei pastori della Pinacoteca Ambrosiana di Milano (monogrammata 'MPP' a lettere intrecciate) in cui legge le iniziali di "Martinus Platea Pinxit" (32). Arricchita nella versione tedesca del libro con l'aggiunta del San Giovanni Battista della National Gallery di Londra, ugualmente monogrammato 'MPP' e coronato da una probabile 'T' con due ali d'uccello stilizzate, la proposta troverà riscontro solo in pochi studiosi (33). Ma lo stesso Morelli continua a ritenere i due fratelli attivi sulle medesime opere. Oltre che per i polittici lodigiani già citati, eseguiti in collaborazione con Martino, Alberto si configura, sempre secondo lo studioso, con due novità: lo Sposalizio mistico di Santa Caterina dell’Accademia Carrara di Bergamo e l’Adorazione dei Magi in collezione Frizzoni-Salis a Bergamo (34), opere in seguito accettate dalla critica più preparata.
Nessun contributo inedito forniscono invece le pubblicazioni di ambito locale edite allo scadere del XIX secolo (35), caratterizzate dall’eccessivo campanilismo, esageratamente elogiativo verso i nostri pittori.
Il Frizzoni considera fondamentali per i due artisti, autori in comune delle opere lodigiane, i contatti con l'arte del Bergognone e dei seguaci leonardeschi: "Il più puro e castigato dei due fu indubbiamente Albertino; il fratello Martino invece si mostra più progredito nella parte concernente lo sviluppo del colorito".(36)
Un breve accenno ad Alberto viene effettuato dal Venturi a proposito del trittico di San Nicola da Bari tra
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