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60a) Alberto (e Martino) Piazza, Teste clipeate entro cornici dipinte, nella volta, 1506, Rivolta d'Adda, chiesa dell'Immacolata Concezzione
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60b) Alberto (e Martino) Piazza, Teste clipeate entro cornici dipinte, nella volta, 1506, Rivolta d'Adda, chiesa dell'Immacolata Concezzione
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62) Alberto (e Martino?) Piazza, Teste clipeate entro cornici dipinte, nella volta, 1506, Rivolta d'Adda, chiesa dell'Immacolata Concezzione
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Per i pittori si trattava di fornire la prova del proprio aggiornamento; così il paesaggio di Martino racchiude elementi, altrimenti insoliti nella campagna intorno a Milano e Lodi, che rappresentano piuttosto il mondo nordico, ad iniziare dagli edifici, le case rurali dal tetto spiovente in paglia, alle costruzioni turrite in pietra. Una peculiarità del suo stile è il modo di eseguire gli alberi, con i rami e le fronde a forma di ombrello, a piccoli tocchi di colore con lumeggiature giallo dorate, che ricorrono simili anche nel Battesimo di Cristo, sotto la suggestione delle caratteristiche visioni di Giovanni Agostino da Lodi.(84)
La concezione della natura di Giovanni Agostino e gli aspetti morfologici della sua rappresentazione credo siano determinanti nel piccolo capolavoro della Madonna col Bambino e San Giovanino /fig. / del Museo di Belle Arti a Budapest (85) e lasciano le loro tracce nelle Storie di Sant'Antonio abate e di San Paolo eremita /figg. / eseguite da Alberto fra il 1513 e il ‘14.(86) Nella tavoletta ungherese, oltre agli aspetti di matrice lombarda, Martino evidenzia gli interessi verso la pittura tedesca, da Dürer ai pittori della scuola danubiana come lo Huber o Cranach il Vecchio o il geniale ed estroso Altdorfer. La stesura del paesaggio è in relazione coi tre dipinti monogrammati, per l’affinità nel creare un clima che diviene magica atmosfera, ricca di cangiantismi e livide luci dalla brillante liquidità cromatica.
Anche negli affreschi il paesaggio è intriso di nozioni di cultura leonardesca che risalgono alla decorazione della Sala delle Asse e agli studi del maestro vinciano. Si veda l’intrecciarsi dei rami e dei tronchi nella fitta boscaglia, nella scena con i due Santi eremiti che ricevono nutrimento dal corvo. Non mancano poi richiami ai modi di Agostino, nella citazione dei due alberelli cresciuti sulla roccia nell’episodio di Sant’Antonio percosso dai demoni /fig. /. A quest’epoca Giovanni Agostino era tornato a Milano (87), e le sue novità circa l’interpretazione della natura vennero recepite dal lodigiano.
Una volta messe in luce la predisposizione che Martino dimostra in questo genere, mi sembra si possa ipotizzare la sua collaborazione in alcune parti del paesaggio di questi affreschi. L’ipotesi è sorretta anche dalla tecnica con frequenti lumeggiature in oro, ricorrenti nelle opere che portano il suo monogramma.
L’influenza di Giovanni Agostino e del mondo nordico è ancora determinante a cavallo del secondo decennio e si manifesta altrettanto viva nella Fuga in Egitto di proprietà della Banca Commercio e Industria di Milano /fig. /, dove veniva attribuita prima al Sodoma e, in seguito, a Marco
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