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Due fratelli, due differenti percorsi - Martino e Alberto Piazza.

49) Cesare Magni, Madonna col Bambino e Sant'Andrea, collezione privata

50) Cesare Magni, Adorazione dei Magi, Milano, San Carlo al Corso

51) Cesare Magni, Adorazione del Bambino, Codogno, chiesa di San Biagio
dei bambini e le loro espressioni sono modelli ricorrenti del repertorio del lodigiano, al punto che il San Giovannino è sovrapponibile a quello di un’altra opera basilare in questo contesto, la Madonna col Bambino, San Giovannino e Sant'Elisabetta della Galleria Nazionale di Roma /fig. 10/(70). Gesù è proteso in modo speculare rispetto al Bambino del quadro romano e non è distante dai modelli dipinti nella Madonna col Bambino ora segnalata e nell’altro interessante inedito con la Vergine e il Bambino tra le Sante Caterina d'Alessandria e Lucia /fig. 11/ di ubicazione ignota.(71) La cristallina definizione è il segnale per ritenerle ancora eseguite nel primo decennio, presentando gli elementi tipici della maniera di Martino: le fisionomie dei suoi personaggi, dalla Vergine alle Sante, allo stesso Bambino sempre simile, nella tornitura paffuta del viso e con le gote rosate, i riccioli ispidi e intrecciati, il profilo sottile; dalla preziosità cromatica delle velature a lacche trasparenti, a cui si aggiungono le veloci lumeggiature giallo-dorate sulle parti in luce, all’ispirazione ‘ponentina’ del paesaggio, prolungato fino ai lontani monti all’orizzonte, in un'analitica definizione di stampo neerlandese, fino al brano delle due ciliege sul parapetto in primo piano, che anticipa le complesse implicazioni iconografiche e simboliche di altri suoi quadri. La citata tavola delle Galleria Nazionale di Roma è un’opera nodale per la ricostruzione del suo percorso, avvicinandoci alle molte implicazioni iconografiche e simboliche che attraggono Martino. Vi sono infatti rappresentati una serie di oggetti collegati a temi cristologici, volutamente ostentati in primo piano all'attenzione dell'osservatore. Sul parapetto di mattoni, simbolicamente in rovina, che costringe la Vergine ad una scomoda quanto innaturale torsione del busto rispetto alle gambe, sono esposti, in una particolare atmosfera mistica, colma di significati allegorici, l’agnello, il volume, la salamandra, la chiocciola, l’edera, il pomo, la mosca e i frutti nel bacile, precoce esempio di natura morta. Il Bambino viene presentato nella medesima posizione della Madonna dei fusi. La rigorosa impostazione prospettica fornisce un’idea dell’impegno di Martino nella ricerca di un profondo senso spaziale, accentuato dalla volumetria dei corpi solidi, i quali segnano come pietre miliari, l’inoltrarsi dell’occhio nello spazio tanto reale da divenire illusionistico del quadro. Tutto ciò viene accentuato dal macchinoso ed altrettanto leonardesco uso del vano roccioso che, alle spalle della scena, orienta lo sguardo come in un binocolo, verso due fuochi: un agglomerato di edifici d’ispirazione nordica e un paesaggio boschivo nei modi identici a quelli visti sinora. Oltre ad essere innegabili i rapporti con i tre quadri monogrammati, con questa tavola si aprono nuovi spiragli per la comprensione degli

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