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Due fratelli, due differenti percorsi - Martino e Alberto Piazza.

36) Alberto Melone, Pietà, collezione privata

37) Martino Piazza, visione della Vergine col Bambino, San Diego, Museum of Art

38) Martino Piazza, Santa Caterina d'Alessandria, Roma, depositi del Museo di Palazzo Venezia
lettere 'TP' unite a due ali d’uccello stilizzate, nella Madonna con il Bambino e San Giovannino (già nella collezione Bortolan di Treviso)/fig. 1/, 'MPP' intrecciate e sormontate da una 'T' con le medesime ali nel San Giovanni Battista alla fonte (Londra, National Gallery)/fig. 2/ e semplicemente 'MPP' nell'Adorazione dei pastori (Milano, Pinacoteca Ambrosiana)/fig. 3/.(60) Se infatti non è arduo individuare nelle suddette lettere le iniziali di "Tochagnis pinxit" e di "Martinus Platea (o de la Platea) pinxit", per avere la certezza della corretta identificazione è necessario dimostrare che l'autore di queste opere e delle altre che ad esse si possono avvicinare, sia il pittore lodigiano e nessun altro il cui nome abbia le medesime iniziali. Lo stile infatti che emerge da queste opere colloca l’artista in area lombarda o meglio ancora milanese, proprio in considerazione degli stringenti rapporti che sembrano intercorsi con i pittori della cerchia leonardesca, tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni successivi. E seppure non sia noto in questi anni, in area milanese, un altro artista il cui nome abbia queste iniziali, la prova definitiva di questo riconoscimento può venire solo dalla localizzazione del luogo di attività del pittore: si deve verificare cioè se nel lodigiano, nonostante la più diffusa cultura figurativa, esistano opere da riferire all’autore dei quadri monogrammati. Questi dipinti sono ancora più interessanti in quanto documentano momenti diversi del nostro autore, fornendo lo spunto per meglio comprendere la sua evoluzione figurativa in un arco di tempo non limitato. Attraverso i molti elementi stilistici che cogliamo da queste opere è possibile iniziare a definire il percorso del nuovo pittore. In un primo tempo, l’elemento utile per giungere con buona approssimazione alla conferma che l’autore di queste opere fosse il pittore lodigiano mi venne offerto da un allora inedito affresco raffigurante la Sosta dalla fuga in Egitto, conservato nella sacrestia della chiesa di Santa Chiara Nuova a Lodi (61)/fig. 4/. Dal punto di vista stilistico questo brano dimostra uno stretto rapporto di dipendenza con l’attività del maestro dei monogrammi, tanto che il suo autore potrebbe essere stato un collaboratore di quest'ultimo. L’affresco, in non perfette condizioni di conservazione, sporco e offuscato da ossidazioni, è visibile solo parzialmente a causa del dossale ligneo che riveste la parte inferiore della parete; anche in queste condizioni è possibile rilevare le forti analogie con la cultura figurativa indicata dai tre quadri siglati: le fisionomie della Vergine e il San Giuseppe richiamano quelle dipinte nell’Adorazione dell’Ambrosiana, e soprattutto la delicata raffinatezza cromatica con la quale viene eseguito il paesaggio

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