|
unico dipinto e non di due redazioni distinte è dimostrato dalle perfette coincidenze di ogni sua parte e, in particolare, la presenza in alto della giunta orizzontale della tavola, visibile in entrambe le riproduzioni, esclude una simile ipotesi. Le più verosimili sono che il pannello, dopo essere stato ridotto lungo il lato destro, abbia subito un restauro che ha coperto la parte restante della figura o, più probabilmente, come mi segnala Giovanni Romano, che il personaggio sia scomparso in seguito alla pulitura a cui è stato sottoposto in maniera anche un po' troppo radicale; sorge infatti il sospetto che quest'ultimo arciere, apparentemente più evoluto e stilisticamente più sciolto degli altri, sia stato aggiunto dallo stesso autore in un momento successivo. Il dipinto, nella sua attuale condizione, rappresenta uno degli esempi fondamentali per comprendere l'evoluzione del percorso artistico del Lodigiano e, per i predominanti legami culturali con Vincenzo Foppa, si situa orientativamente verso la metà dell'ultimo decennio del XV secolo, risultando di essenziale valore nella ricostruzione della sua attività. L'opera testimonia pienamente i rapporti intercorsi tra il proprio artefice e la cultura milanese durante l'ultimo decennio del Quattrocento, a tal punto che sembra risalire al momento che precede l'arrivo di Giovanni Agostino in laguna: in particolare, se il Martirio, oltre che subirne l'influenza dal punto di vista stilistico, si ispira ai modelli di identico soggetto realizzati dal Foppa a Milano, come quello già nella chiesa di San Sebastiano (ora al Museo del Castello Sforzesco), l'affresco un tempo nella sacrestia di Santa Maria di Brera (ora nell'omonima Pinacoteca) e la tavoletta della collezione Berenson (Settignano, Villa I Tatti), non mancano elementi che hanno quale fonte gli insegnamenti di Leonardo, nell'espressivo carattere dei volti, e di Bramantino, nella precisa ed essenziale disposizione delle figure nello spazio, articolato con una ben chiara impronta prospettica. L'idea compositiva è assolutamente originale e, malgrado la frequente rappresentazione di questo soggetto in area milanese, il quadro risulta essere l'unico esempio noto svolto in questo modo. Il riferimento a Giovanni Agostino non lascia dubbi per tutta una serie di aspetti che vanno dalla qualità del paesaggio, eseguito con i tratti e le lumeggiature sulle colline di spirito ancora quattrocentesco, già ideato con quei tipici e peculiari elementi caratteristici del pittore lodigiano che lo rendono unico in questo genere, ma con una profondità di campo che raramente l'artista utilizzerà in seguito. Le rocce sfaccettate e dal profilo 'tagliente', la vegetazione ad esili alberi posti sui costoni e lungo i dirupi, realizzati con una stesura sottile e riconoscibili per la caratteristica
|