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contorni, sembra corrispondere ad un momento di trapasso verso definitive consacrazioni come testimonia l'Adorazione dei pastori di Allentown. Nel manto che si arriccia e cade dalla gamba di Giuseppe, con un effetto poco naturalistico, colgo gli stessi intenti che stimolano il pittore a realizzare, in una visione più solenne, quel brano di mantello che scende fluente e bizzoso come un torrente in piena dal braccio di Cristo nella Cena in Emmaus. Anche il realistico volto del Santo ormai anziano, oltre a connettersi con il viso del soldato seduto, dipinto nel più volte menzionato Martirio, si lega a tutta quella serie di modelli tipologici che ricordavo a proposito dell'ipotizzato contatto con Giorgione; lo stesso accade osservando lo scorcio di paesaggio e tornando con la mente al rettangolo sulla destra nel Giudizio di Salomone degli Uffizi. Il grazioso ed intimo abbraccio tra Madre e Figlio rivela, al contrario della robusta sostanza dell'espressione maschile, un aspetto lezioso che lambisce spesso l'arte del nostro artista: l'eleganza dei gesti e degli abiti della ora ricordata Cena in Emmaus ne sono l'esempio lampante. Ad un suo soggiorno lombardo risale l'esecuzione di quello che ritengo doveva essere il trittico per la Certosa di Pavia. La sua originaria provenienza è documentata dalle tre copie antiche tuttora conservate nel Museo certosino, segnalate dalla Vedovello (74). Le tele riproducono fedelmente l'originaria composizione, altrimenti parzialmente perduta in quanto gli originali sono giunti a noi mutili, il più delle volte lungo tutti e quattro i lati. Il pannello con le Sante Maria Maddalena e Marta, che si trovava in origine sulla sinistra del trittico, si conserva nel Museo di Castelvecchio a Verona (75), mentre i restanti due, raffiguranti la Presentazione al tempio e le Sante Agnese ed Apollonia, sono rimasti in proprietà privata, provenienti dapprima dalla raccolta Melzi d'Eril e poi Gallarati Scotti. La Simonetto è intervenuta sull'argomento accogliendo come parti originali del complesso esclusivamente le tavole laterali (76); queste vengono da lei identificate con due dei tre dipinti schedati come Luini, acquistati dal conte Giacomo Melzi nel febbraio del 1786, insieme ai pannelli del polittico del Perugino, e che non era stato ancora posssibile identificare. Con il riconoscimento anche del terzo pannello, quello centrale, l'ipotesi di un'uscita dalla Certosa in quell'anno si rende particolarmente valida. Durante il recente restauro a cui è stato sottoposto il quadro di Verona è venuto alla luce il capitello alle spalle delle figure, già altrimenti visibile nella relativa copia della Certosa. Il Marinelli, anticipandomi gentilmente il testo del suo intervento (77), ritiene che il trittico nel
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