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intera e orientati in maniera asimmetrica: Santo Stefano che porgeva la palma del proprio martirio a Gesù proteso nel riceverla, e San Francesco, riconoscibile dal saio, in preghiera a mani giunte, rivolto con lo sguardo verso la Vergine che lo indica con la mano sinistra. Alle spalle della Madonna il lembo di tessuto broccato che vediamo ancora nel frammento di Cremona veniva sorretto da due angeli in volo (ciò si può già arguire per la presenza nel medesimo frammento di alcune dita e di un lembo di mano appartenenti all'angelo di sinistra), mentre lo sfondo della sacra conversazione, con alcuni caseggiati sulla destra, era costituito da un armonioso paesaggio collinare, le cui tinte azzurro-verdognole conosciamo grazie al frammento cremonese. Sul pavimento a formelle romboidali chiare, alternate alle scure, possiamo anche distinguere un vaso con alcuni fiori (probabilmente rose canine) dai petali chiari, forse bianchi, uno dei quali è posato a terra, come si vede anche nella Madonna col Bambino e San Giacinto di Lorenzo de' Beci, della collezione Cavalcabò di Cremona (15); fissato sull'alzata del terzo gradino esisteva il cartiglio rettangolare, piegato lungo le due metà del foglio, recante per esteso la firma del suo artefice e la data di esecuzione. Dalla riproduzione appare impossibile leggervi quanto scritto, anche se con una lente a forte ingrandimento si individua che la calligrafia doveva essere corsiva e molto sottile. Per nostra fortuna la persona che a suo tempo vide ed esaminò il dipinto trascrisse integralmente, come poteva, il testo del cartiglio a matita sul verso della fotografia: ‘Ionnes Franciscus / Bembus Cremonensis /1503’. L'iscrizione viene a confermare i risultati attribuzionistici proposti dagli studiosi e ripercorsi brevemente nel precedente excursus riguardante le vicende critiche dei noti frammenti. Questa concordanza, garantita dalla documentazione fotografica, offre la possibilità di constatare la correttezza del riferimento al Bembo e, in senso più ampio, dell'utilità delle attribuzioni, talvolta di¬sprezzate se non suffragate da documenti d'archivio. In que¬sto caso la testimonianza fotografica viene a supporto e riafferma, in qualità di ‘carta di tornasole’, una metodologia che, se basata su procedimenti filologici e svolta con discernimento e raziocinio e con la funzione di compendio, in parallelo ad altre indagini e discipline, dimostra di poter ugualmente garantire quella sicurezza che proprio i documenti d'archivio talvolta non consentono. La fotografia della pala bembesca rappresenta contemporaneamente anche la conferma della validità sia delle ipotesi per la ricostruzione dell'opera e del suo complesso, sia di quelle attributive proposte in quest'ultimo trentennio. Malauguratamente la data trascritta non può essere accolta perché, ad evidentiam, troppo precoce
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