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in San Pietro a Tavernola Bergamasca. Altobello, la cui vicinanza al Romanino è fortemente sottolineata (18), potrebbe esservi nuovamente di passaggio all'inizio del secondo decennio. Le influenze che definisco altobellesche e romaniniane, quelle cioè che registrano un più forte e accentuato carattere, in un linguaggio attento alla riproduzione fisionomica ma, insieme, graffiante e spigliato, si colgono disseminate qua e là sulla parete della Scuola del Santo; si veda per esempio il gruppo di cavalieri raccolti attorno al corpo di Sant'Antonio, sia all'estrema sinistra con tre di costoro, sia nella parte destra dell'affresco, nel gruppo che precede le donne. Questa componente che definirei lombarda, nell'opera del Montagna è così forte da accordarsi alle vicende dell'Altobello più noto, al punto che non mi sembra completamente infondata la possibilità di uno scambio di idee o di una collaborazione tra i due artisti, visti gli antefatti che poco fa abbiamo indicato, anche se, come si ricordava, la vicinanza del Romanino proprio in questo arco di anni renderebbe più semplice la conclusione a favore di una sua diretta influenza. Il problema risiede nell'ancora incerta definizione dei rapporti intercorsi durante questi anni tra Romanino ed Altobello. In questo contesto desidero riportare alla mente un esempio che può essere di utilità nel chiarimento di questi contatti. Seguendo il ragionamento poc'anzi suggerito viene da domandarsi se non abbia una relazione con tutto ciò anche il Ritratto d'uomo del Museo Civico di Vicenza (fig. 9), anticamente considerato l'immagine del medico e pensatore Pietro d'Abano e, in passato, attribuito, tra gli altri, al Romanino e a Bartolomeo Montagna (19); la sobria monumentalità del personaggio è sufficientemente venata di un realismo arcigno e spontaneo che consente di poterla avvicinare allo spirito sottile ed energico del migliore Altobello (fig. 10). Seppure leggermente ridotto nel formato, come evidenziato dalla mano destra tagliata e dal profilo sbocconcellato della tavola, e nello spessore, abraso nel pigmento cromatico da un vecchio restauro troppo radicale, le colate giallo ocra che maculano la capigliatura e i grumi bianchi che ravvivano il sottile colletto conducono alla mano del cremonese. Se l'identificazione del personaggio venisse confermata, seppure come ritratto postumo, essendo Abano non distante da Padova, si aprirebbe la strada alla presenza padovana di Altobello, che motiverebbe con maggiori elementi la comunanza di certi “intrecci” dibattuti con il conterraneo Romanino. Un ritorno a Padova, dunque, o una casuale concomitanza? Se di Altobello si tratta è certa una sua presenza. L'unica altra ipotesi condurrebbe a riconoscervi la mano del Romanino nello spirito dei ritratti compiuti per il ciclo di Ghedi, ma
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