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animato da simili macchiette, aspetti che avvicinano i due quadri non solo in maniera superficiale. Ma nella tavola di Palazzo Ducale leggiamo altri indizi a sostegno della frequentazione svolta da Altobello presso artisti in territorio vicentino e padovano, che orientano con maggiore precisione verso la stretta orbita di Bartolomeo Montagna. Anche se l'impostazione di tre quarti della Vergine viene svolta secondo i più generici esempi belliniani, la più pertinente matrice montagnesca emerge dal confronto con il perduto affresco del Duomo di Vicenza, con la Madonna già Carminati a Milano e con l'altra già Bellesi (fig. 4) (8), in un repertorio d'immagini devozionali che è fatto proprio da Bartolomeo.
Un rapporto che trova conferma nell’incisione del figlio Benedetto raffigurante la Natività parzialmente derivata dall’incisione di Dürer del 1504, a documentare con probabile ragione un’opera perduta del padre (9). L’impostazione in controparte della Vergine col Bambino disteso a terra avvalla l’ipotesi in questa direzione.
E' ben chiaro quanto il sangue del realismo lombardo scorra nel nostro autore, capace com'è di scombinare le regole anatomiche e prospettiche di Bartolomeo Montagna e di Giovanni Battista Cima con quel piglio per l'ironia sagace e mordente, quell'espressività particolarmente sentita e la fragranza cromatica che emergeranno ancora più intensamente nelle opere seguenti. Ma, al di là della giovanile veemenza, la componente montagnesca diviene trainante dopo la conoscenza dell'opera di Palazzo Ducale, già per altro attribuita tradizionalmente al pittore vicentino. In questa tavola di devozione privata è condensato tutto lo spirito che sostiene il giovane Altobello. In alcune incertezze di tipo formale e nella tagliente linea che definisce sia i contorni quanto le pieghe delle vesti leggiamo gli elementi per pensare che la nuova opera preceda, seppur di poco, l'Adorazione del Bambino (fig. 5) resa nota come già Böhler a Monaco di Baviera, ma ora appartenente ad un collezionista svizzero che ha depositato il quadro al Kunsthaus di Zurigo. Proveniente dalla collezione Lechi di Brescia (10). Innegabile è la strettissima somiglianza di particolari minuti come la modulare forma delle rocce o la comune atmosfera solare che ravviva il paesaggio, in entrambi i casi animato dalla testa del corteo con uomini alla 'veneziana', o meglio un poco alla maniera del Previtali (11). Non sono estranei a questo momento neppure i due Santi che la Gregori restituiva ad Altobello grazie alla spiccata impronta cremonese e boccaccinesca, "dove i ciottoli delle vecchie strade [...] non sono che macchie sbavate, scaglie di colore" di un'ambientazione che, secondo quanto interpretato dalla studiosa in chiave giorgionesca e ferrarese, ricorda, "ancora una volta, la cerchia
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