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Note su Marco d'Oggiono, discepolo di Leonardo

12) Marco d'Oggiono, Venere, ubicazione ignota

accolte in esso, non rispecchiano i suoi modi. Nella stesura dei volumi monografici sui pittori antichi spesso ci si trova di fronte a questo duplice dilemma: se affrontare il tema con quello spirito documentario che contraddistingue i lavori a tappeto, i quali ripropongono senza un particolare esame tutti i dipinti assegnati negli anni al pittore in esame, oppure tracciare una linea di demarcazione, anche se ciò comporta dover acquisire una mentalità più responsabile e professionale, scevra da eccessive incertezze dovute a troppi casi "particolarmente problematici", ma ugualmente cauta nel giusto modo, cosciente di esprimere un parere che, volente o nolente, verrà tenuto in considera­zione. Un conto è porre in rilievo e valutare le migliori prove di un artista, nel contesto del suo percorso; un altro è estendere il catalogo all'intero percorso: non sempre questi pittori sono innovativi, ma questo non vuol significare che non possano essere gli autori di taluni quadri, quando questi mantengono le medesime caratteristiche tecniche o stilistiche degli altri. Marco d'Oggiono è raramente un artista d'avanguardia; ha momenti, rappresentati da opere particolarmente riuscite, in cui si dimostra originale e attento interprete, altri, che risalgono verosimilmente verso il finire della carriera, forse in funzione di una maggiore fortuna che riscosse presso i contemporanei, ove la capacità tecnica, sempre indiscussa, prende il sopravvento sull'inventiva. Nella categoria di opere che il Sedini considera di scuola, merita la giusta riconsiderazione quella piccola tavola raffigurante il "Busto di Cristo" (cat. n. 84) che, seppur martoriata dalle fitte cadute di colore, correttamente il Suida giudicava dell'estrema maturità dell'oggionese. Rileviamo inoltre che la "Sacra Famiglia" già nella collezione Veri Hadeln (cat. n. 86), per il semplice fatto di essere stata considerata autografa da studiosi dell'importanza dello stesso Suida, conoscitore dal vero del quadro, dovrebbe essere considerata con maggiore rispetto. Inoltre il dipinto, malgrado la valutazione tramite una fotografia, rispecchia i caratteri stilistici di un preciso momento del pittore lombardo, accanto alla "Natività" ora al Museo del Louvre e alla "Assunzione" della Pinacoteca di Brera. Analogo è il caso della successiva "Santa Caterina d'Alessandria" (cat. n. 87) affiancabile cronologicamente, nel "corpus" di Marco, al cosiddetto doppio trittico Crespi, alla "Santa Barbara" di Chantilly (cat. n. 43) e alla insolita quanto interessante composizione in cui la "Vergine sorregge il Bambino che riceve il rosario da un angelo" (cat. n. 21; olio su tavola trasportato su tela), ora in collezione privata milanese (del quale propongo un'immagine a colori), che il Sedini conosce grazie ad una riproduzione del fotografo Thiessard di Nizza. Nella valutazione qualitativa ritengo che si

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