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9) Marco d'Oggiono, Apostolo, collezione privata
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10) Marco d'Oggiono, Apostolo, collezione privata
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avere riproposto uno studio specifico sull'artista milanese, seppur dopo una monografia di non molti anni addietro (C. Marcora, L. Cogliati Arano, Marco d'Oggiono, Oggiono 1976), l'intervento non sembra avere contribuito a risollevare il pittore da quelle sfortunate sorti critiche in cui è incappato da tempo un po' tutto il movimento artistico che matura attorno a Leonardo a Milano. Dispiace che l'occasione non abbia favorito una più precisa puntualizzazione dei fatti artistici di Marco, sia in rapporto ai propri contemporanei, sia all'interno del suo stesso percorso. Al di là di un indiscusso impegno, che ha condotto a utili precisazioni, come l'avere identificato l'originaria collocazione del trittico ora all'Ambrosiana, e di una più che prestigiosa veste editoriale, lo svolgimento lascia diversi campi oscuri e i dubbi che sorgono sfogliando il libro non vengono dissipati. Scorrendo le pagine si comprenderà facilmente come l'andamento cronologico avanzato, pur nell'incertezza dovuta alla scarsità delle opere datate, non rispecchia la probabile evoluzione figurativa del pittore. Esordire con la pala della "Resurrezione" (che si trova al Bode Museum di Berlino Est e non alle Staatliche Museen di Berlino Ovest) eseguita in collaborazione col Boltraffio e completata dopo il 1494, dove la figura del Cristo risorto dimostra un Marco d'Oggiono già particolarmente maturo, esclude in pratica qualsiasi tentativo di ricostruzione dei suoi esordi. Senza con questo voler ripercorrere pedestremente ogni quadro, ho l'impressione che il già ricordato trittico dell'Ambrosiana di Milano (cat. n. 34) per le sue caratteristiche di rigida monumentalità calata profondamente nel clima culturale di Bramantino e Zenale (è troppo generico il confronto con le stampe di Marcantonio Raimondi) insieme alla "Madonna con Bambino" della City Art Gallery di Auckland (cat. n. 8) e a quella detta Davenport-Bromley (cat. n. 9) siano più antiche rispetto a quanto indicato, forse ancora entro la fine del Quattrocento o immediatamente successive. Un quadro come il "San Giovanni Battista" (cat. n. 13) passato nel frattempo alla collezione Heathcoat-Amory (olio su tavola, cm. 28 x 2 1), proprio per le accentuate connessioni con Boltraffio, al quale è stato anche attribuito, dovrebbe risalire al medesimo periodo. Altrettanto più antiche, rispetto alla datazione avanzata dal Sedini, dovrebbero essere la "Visitazione" del Musée des Beaux-Arts di Strasburgo e la "Vergine con Bambino che benedice San Giovannino" (Seattle, Art Museum) che, all'interno di precisi riferimenti leonardeschi, dimostra di essere frutto di ricerche analoghe a quelle cui il giovane Cesare da Sesto procedeva, ad esempio nello stesso soggetto che si conserva al Museo d'Arte Antica di Lisbona, per il quale esiste l'interessantissimo cartone preparatorio pervenuto al Musée
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