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13) Sodoma, San Benedetto ammaestra i contadini alla Santa Dottrina, affresco (particolare), Monte Oliveto Maggiore, chiostro
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14) Sodoma, San Michele che uccide il drago, Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco
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15) Sodoma, Madonna col Bambino tra gli Arcangeli Raffaele con Tobiolo e Michele col demonio, affresco (particolare), Asciano, Collegiata
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nei gesti. Raffaele è maggiormente danneggiato, anche se alcuni brani del panneggio e le vivaci ciocche di capelli indicano un chiaro segnale verso analoghi modelli di Monteoliveto. Come non ricordare gli analoghi movimenti compassati nell'Incoronazione della Vergine o espressione di Michele a confronto con quella del San Giovanni evangelista nel Compianto di Cristo a Sant'Anna in Camprena, col San Benedetto che lascia la casa paterna, con quella nella scena di Benedetto che risalda il vassoio rotto o nell'altra dove Benedetto ammaestra i contadini alla Santa Dottrina (fig. 13), nel ciclo olivetano. Senza dimenticare il San Michele che uccide il drago (Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco) (fig. 14) con il quale condivide molti aspetti formali, mentre nei colori e nella vivacità pittorica si avvicina al particolare dell'angelo che scaccia la lussuria nell'episodio di Benedetto tentato e all'altro affresco con Gesù alla colonna. Il modello della Vergine verrà in seguito ripetuto, a distanza di anni, nella poco nota Madonna col Bambino tra i Santi Giuseppe e Bernardino da Siena al Musée des Beaux-Arts di Neuchatel (fig. 16) (18), e nella Sacra Famiglia della Galleria Sabauda di Torino (fig. 17). Per la prima delle due tavole vale la pena sottolineare l'affinità ai modelli toscani attraverso un'interpretazione non distante dalle soluzioni adottate da Lorenzo Lotto nel secondo decennio, principalmente nell'espressione del Bambino. Esclusa l'ipotesi signorelliana, avanzata nella guida della chiesa, in realtà non si tratta neppure del pittore senese Gerolamo del Pacchia quanto di una preziosa testimonianza del primo Sodoma. Le componenti stilistiche rendono particolarmente interessante il ritrovamento in quanto da esse sembra emergere un momento dell'artista vercellese nel quale sono ancora presenti, accanto a motivi dichiaratamente aggiornati, ricordi lombardo-piemontesi della fine del Quattrocento desunti dalla sua documentata formazione presso Martino Spanzotti e frutto del successivo legame, instaurato con la cerchia di Bernardo Zenale e con coloro che credevano nella cultura milanese di tradizione prospettica. Vale la pena infatti ricordare che dal 1490, per ben sette anni, il Bazzi è apprendista nella bottega del maestro vercellese (19). Della sua maturazione in quell'ambiente non resta nulla di sicuro, anche se, conoscendo i suoi immediati sviluppi, possiamo prevedere che egli si sia affinato sulle sperimentazioni formali che si attuavano a Milano nell'orbita di Bramante, tra Bramantino e Zenale, fino ad esprimersi attraverso quella solida monumentalità che incontriamo nelle sue figure di Cristo dolente. Proprio la diversità che intercorre tra l'impostazione tradizionale della Madonna in trono con Santi e certi segnali verso la maggiore spigliatezza compositiva sembrano sottolineare il momento di transizione tra il forte rigore prospettico
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