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venature.
Chiarissima è la fonte d'ispirazione veneziana del soggetto, con il Cristo inquadrato in primo piano di tre quarti mentre sostiene la pesante croce sulla spalla. Il famoso prototipo di Giovanni Bellini, conosciuto attraverso le versioni del Museum of Art di Toledo (Ohio), dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, e di quelle dei Musei di Fort Worth (Texas) e di Stoccolma, viene datato intorno al 1500, seguito dalla copia attribuita al giovane Giorgione (Boston, Isabella Steward Gardner Museum).(16)
L'influenza giorgionesca si manifesta nella visione lirica dell'originale sfondo di paesaggio, con il corteo che raggiunge la sommità del Golgota, su cui sono già predisposte le croci del martirio. Adesione esplicita al maestro veneziano, sulla strada che conduce a quell'opera capitale per il Garofalo che è il 'Riposo nella fuga in Egitto', di ubicazione ignota, ammirata fin dai tempi di Adolfo Venturi, che la riferiva a seguace del Costa quando si trovava a Parigi nella collezione di Joseph Reinach (17). Si tratta in effetti di una delle più intense interpretazioni della 'Tempesta', nel clima di pacata intimizzazione che è caratteristico dello spirito di Benvenuto. Tornando al nostro 'Cristo portacroce', osserviamo come il cielo sia scuro e corruciato, quasi nell'imminenza di un temporale, come le figurette siano toccate con una vivacità cromatica che ricorda il Dosso.
Quest'opera si modella sulle esperienze veneziane ma non smentisce la personale adesione del Garofalo al classicismo raffaellesco, di cui è uno dei più assidui e personali interpreti. Sul volto di Cristo non compare la sofferenza dell'immane fatica, come accade, per esempio, nelle versioni con questo tema dell'altro ferrarese a lui contemporaneo, Giovan Francesco Maineri, del quale si veda il quadro alla Galleria Estense di Modena; l'atteggiamento altrimenti sprezzante di altre redazioni con questo soggetto si converte in uno sguardo che lascia trasparire come il destino sia ormai segnato, e un rilassamento sereno e bonario del figlio di Dio, uomo uguale agli altri e quindi impotente di fronte alle decisioni terrene.
Mentre il riferimento di questo 'Cristo portacroce' al Garofalo non lascia alcun dubbio, la datazione approssimativa dovrebbe essere compresa fra la pala Suxena, compiuta nel dicembre del 1514, come si è detto, uno degli esiti più riusciti della fusione fra poetica giorgionesca e classicismo raffaellesco, e il terzo decennio del secolo. Per il permanere di certe secchezze nei panneggi e per una maggiore incisività espressiva si tratta probabilmente della versione più antica fra le due finora conosciute. La fusione di giorgionismo e modelli classici, e di suggestioni vagamente eccentriche e dossismo mi ricorda questa inedita 'Madonna col Bambino' /tavola 13/ di collezione
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