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Costa e Amico Aspertini. Il fitto intreccio delle componenti culturali sviluppatesi nel nord Italia ha fatto sì che artisti anche diversi siano stati confusi o avvicinati. A confermare l'esistenza di queste relazioni un piccolo esempio viene dalla tavoletta con 'Sant'Antonio da Padova' /tavola 8/, riferita alla cerchia di Gandolfino d'Asti (9), artista contemporaneo, anche se di poco precedente al nostro ferrarese, con il quale il Garofalo apparentemente non condivide rapporti di stile. Più recente di quanto il fondo dorato, decorato a bulino come il nimbo, lascerebbe intuire, il dipinto si inserisce nella produzione di Benvenuto a cavallo tra il primo e il secondo decennio. L'intensa luce proveniente da destra fa risaltare la sua figura, l'incresparsi del saio e l'espressione del visetto vispo, caratteristico dei personaggi del Garofalo. Il frate è ben piantato sulla gamba sinistra, mentre con l'altra produce l'ombra sul prato soffice. Pannello forse di predella e, comunque, da connettere ad un complesso pittorico più impegnativo, questo dipinto inedito mi pare fornisca la traccia per altre indagini in direzioni diverse da quelle canoniche.
Ancora soggetta all'influenza veneziana è la sconosciuta tavoletta raffigurante la 'Messa di San Gregorio' /tavola 9/, schedata dal proprietario inglese come di scuola ferrarese e che in origine fungeva da pannello di predella.(10)
Come la 'Messa di San Nicola da Tolentino' proveniente da Sant'Andrea in Ferrara (Ferrara, Pinacoteca Nazionale) e entrambe le tavole con gli episodi miracolosi del Metropolitan Museum di New York (11), credo che questo dipinto, che evidenzia anche ricordi del Boccaccino, si possa assegnare al Garofalo. Nel cupo vano di una cappella unicamente illuminata dal soffuso bagliore delle candele, il sacerdote prega davanti all'immagine dolente del Cristo in Pietà attorniata dai simboli della passione, narrativamente descritti a punta di pennello, mentre due diaconi si accompagnano alla preghiera, seguiti anche da alcune figure che si affacciano sul fondo.
In questo brano di sapiente capacità descrittiva, assai ben calibrato dal punto di vista prospettico e luministico attraverso lo studio dal vero, si esprime la fase più originale del venetismo garofalesco. Nei filamenti e nei grumi di colore i gustosi cromatismi lagunari vivificano la lezione costesca.
Se la proposta sollevasse qualche obbiezione basterebbe confrontare l'opera con questa inedita 'Adorazione dei pastori' in collezione privata /tavola 10/(12), assai più facilmente riconducibile allo stesso Benvenuto, proprio per le numerose somiglianze col suo repertorio più conosciuto e risalente, per le tonalità calde, al momento di massima adesione alla componente lagunare, intorno alla metà del secondo decennio del Cinquecento.
Allo stesso periodo appartiene quest'altra tavoletta col medesimo soggetto /tavola 11/ di proprietà privata inglese.(13) La
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